Cara scuola “Gesu’ Fanciullo” ti scrivo…

di Alfio Piotto

[dropcap style=”font-size: 60px; color: #1e6bbd;”] C [/dropcap]ara Scuola, ti scrivo… per dirti quanto mi sei cara… e quanto cara sei a questa Comunità… So che ti chiedi perché sei così invisa agli enti, sembra che tu non abbia valore per le nostre istituzioni, nonostante il tuo ormai centenario lavoro.
Poco sembra contare la tua secolare benevolenza a migliaia di bambini che sono cresciuti nel tuo grembo e che hai accudito adattando il tuo atteggiamento al mutar dei tempi. In pochi, si accorgono che tu da sempre sei fucina di significative relazioni tra le nostre famiglie. Anche lo Stato che tu deferente hai sempre servito negli anni, ha preteso che tu debba essere uguale alla sua scuola nei doveri ma non ti ha ancora riconosciuto uguale nei diritti e tanto meno nel trattamento economico. Tanto è valso il tuo vanto di aver fatto risparmiare un enorme quantità di de naro all’erario pubblico. Il tuo virtuosismo nel fare economia è stato mortificato togliendoti, un po’ per volta, quel poco che ti era necessario per vivere.
Lo so che sei sconfortata e non riesci a capire come mai bambini che non hanno la fortuna di essere abili quanto gli altri non abbiano la possibilità di avere lo stesso trattamento che ricevono nelle scuole statali. Eppure ti hanno detto che hai anche tu funzione pubblica. Sei stata, infatti, tu, la prima a dare loro ospitalità quando nessuno ci pensava. Ti hanno ritenuta un po’ obsoleta e bruttarella, incapace di accogliere i bambini di altre nazionalità e religioni. E con questa scusa, hanno tentato di sostituirti con una scuola di griffe, incuranti della tua esistenza e del tuo servizio e senza chiederti consiglio, quando sarebbe bastato un decimo di quel denaro pubblico per farti decisamente più carina. Di te, onesta signora, tutti sanno trovare elogi nei loro discorsi pubblici ma non sanno trovare parole giuste per sostenere la tua causa nelle stanze dei potenti.
Tu che da sempre hai accolto tutti, quando ancora nessuno conosceva il significato della parola accoglienza, tu che hai dato contenuto all’ospitalità attraverso decine e decine di vite consacrate alla gratuità, ora ti devi difendere dagli atteggiamenti prevenuti ed ostili di chi in nome della libertà e del pluralismo opprime il diritto universalmente riconosciuto di potere liberamente professare le tue secolari convinzioni e le tue profonde e autentiche radici cattoliche. Non so per quanto ancora dovrai essere dileggiata ma sappiamo che i più grandi, da sempre, hanno dovuto bere l’amaro calice delle umiliazioni. Cara Scuola, so che ti consola il tuo cuore perdutamente innamorato della sua secolare missione. So che ti rasserena la straripante vitalità dei bambini che sapientemente sai accudire, e so che la loro esuberanza, sia nel gioire che nel piangere, mantiene acceso il tuo antico sorriso. So che tu, presenza silenziosa nel cuore del nostro villaggio, sei sollevata dalla nascosta complicità di decine di persone che in te trovano la passione per insegnare, per accudire, per coordinare, gestire, aiutare. So che ti compiaci anche del più piccolo gesto d’amore che per te sanno donare insegnanti, personale, animatori, volontari, nonni, mamme e papà. È un modo di dimostrarti che ancora credono in te.
Lo so che sei là, a tifare con queste persone che in mezzo a mille problemi, ogni giorno, affrontano una sfida continua. Sei consapevole che il loro agire salvaguarda la libertà delle famiglie, la libertà della Chiesa, la libertà dello Stato e garantisce un futuro positivo ai nostri bambini, alle loro famiglie e alla nostra società. Insomma, tu lo sai e in molti te lo diciamo, con i fatti e non solo con le parole, quanto ci sei cara, scuola nostra.

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