Gli Scalabriniani Rosatesi

il gruppo missionario

 

Da quando, nei lontani anni venti del secolo scorso, i Missionari di San Carlo costruirono l’attuale imponente edificio in Bassano del Grappa, parecchi ragazzi rosatesi risposero alla chiamata di Mons. Scalabrini. La missione era quella di accompagnare i nostri emigranti nelle più diverse località del mondo  avendo come mete principali i diversi paesi d’Europa e un buon numero con destinazione America del nord, America Meridionale ed Australia.

     Col passare degli anni la situazione economica ebbe a migliorare sensibilmente e il fenomeno migratorio mutò così da far cambiare radicalmente il campo d’azione dei missionari.

     Tra gli ultimi sacerdoti scalabriniani è da ricordare p. Giovanni Lino Meneghetti, che iniziò la sua opera in Gran Bretagna, tornò a Milano per seguire i migranti filippini, quindi in Svizzera e successivamente in Sud Africa. L’abbiamo incontrato a Rosà l’8 luglio scorso in occasione della celebrazione del suo 50° di sacerdozio.

     Il nostro scalabriniano più giovane è p. Giovanni Bizzotto. Iniziò il suo servizio in Canada, si trasferì in California e quindi in Messico, dove lavorò come animatore vocazionale nella capitale. Fu al confine con gli Stati Uniti d’America come responsabile di un centro di accoglienza dei migranti che tentarono di entrare clandestinamente negli U.S.A.. Da quest’anno è parroco alla periferia di Chicago, sempre a servizio di tutti, ma in particolar modo degli immigrati latino-americani.

Prima della morte, avvenuta il 16 agosto scorso, procurata da un ictus cerebrale durante la celebrazione della messa, p. Luciano Baggio, ebbe a inviare una lunga lettera da Mendoza (Argentina) con la quale ci ragguagliava sulla sua attività di prete rosatese a servizio del mondo.

“In parrocchia visito gli anziani autosufficienti, ospiti di cinque ricoveri privati… ogni venerdì mi presto a confessare in occasione della messa delle ore 12, nella centralissima chiesa dei Gesuiti. L’ospedale italiano, pur conservando il nome, ora è gestito da medici privati, così come la scuola italiana, che di italiano conserva solo il nome.

L’assillo economico più impegnativo è quello del ricovero per alloggiare i migrnati, provenienti principalmente dal Cile o da Haiti. Un gruppo di volontari svolge servizio di aiuto alla missione per un raggio di sessanta chilometri, dove non ci sono chiese ma si recano in varie baracche di immigrati boliviani…”

Giovanni Simonetto ebbe a lasciare il “suo Brasile” a 92 anni di età per divenire ospite dell’Istituto di Bassano del Grappa ove aveva iniziato i suoi studi. E lì ebbe a morire, a quasi 98 anni, dopo aver speso le sue energie per gli italiani e per tutti gli immigrati del Rio Grande do Sul, del Venezuela e aver guidato per sei anni la congregazione come Superiore generale a Roma.

Vite intense, splendidi esempi che hanno illuminato e stanno  testimoniando ancor oggi il carisma scalabriniano sulla scia dell’insegnamento del Vangelo: “Venite, benedetti del Padre mio, …ero forestiero e mi avete ospitato…

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