Il Quartiere Sant’Antonio e i suoi capitelli

di Evelina Simioni

[dropcap style=”font-size: 60px; color: #1e6bbd;”] P [/dropcap]er il Quartiere Sant’Antonio l’anno 2012 è stato l’anno del restauro dei due capitelli più grandi: quello di Sant’Antonio lungo la statale 47 e quella della Madonna all’incrocio tra via Maello e via Foscolo. I lavori del capitello di Sant’Antonio sono iniziati nei primi mesi dell’anno, quello più complesso sia per forma, sia per l’altezza, grazie alla buona volontà e alla collaborazione di alcuni volontari che si sono prestati alla realizzazione dell’opera.

     In estate è stato sistemato il capitello della Madonna della Salute cercando di fare il possibile per finire prima di agosto, perché la tradizione vuole che in quel capitello si festeggi la Madonna Assunta e non quella della Salute, come è scritto in alto, sopra la nicchia. E quest’anno c’era il motivo per far festa: era il centenario della sua costruzione. Per ragioni tecniche non è stato possibile rispettare la data tradizionale, cioè il 15 agosto, e i festeggiamenti sono stati anticipati alla domenica 12 agosto.

     La sera alle ore 20 si è recitato il Santo Rosario, intonato da un sacerdote, come vuole la tradizione, e precisamente ha guidato la preghiera il parroco don Giorgio, davanti a tanta gente dei quattro borghi del quartiere: il borgo del Capitello, quello del capitello di Sant’Antonio, il Simioni e quello della Vica. E’ stato il motivo per richiamare gli ex del borgo, ossia quelli che sono nati lì e che poi, per motivi vari lo hanno lasciato. E quindi, dopo la preghiera, durante il classico buffet, c’è stata una valanga di ricordi. Altri tempi!!!

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     E qualcuno ha chiesto notizie sulla storia del capitello e sul senso dei due quadri ex-voto. A quest’ultima domanda ha risposto la famiglia Gnoato, raccontando che uno dei quadri ricorda il salvataggio di Gianni Gnoato, quella sera lì presente, caduto nella roggia Munara, in piccolissima età, dell’altro non si sapeva il perché. Nei giorni successivi abbiamo intervistato la più anziana del borgo, la Adele Amabilia, classe 1920, che ci ha detto che nell’ultima fase della seconda guerra mondiale era caduta nella roggia una bambina di due-tre anni, figlia di una coppia romana che lavorava al ministero e che come profuga, dormiva nella casa degli Amabilia e andava a mangiare nella trattoria che era di fronte all’attuale cinema, allora gestita dai Vangelista, dove si preparavano i pasti per un centinaio di profughi. La bambina venne recuperata al molino Bordignon, cianotica, ma ancora viva e il fatto fece tanto scalpore.

E sempre dalla Adele abbiamo saputo che il capitello fu voluto dalla sua nonna Francesca Battocchio, quando i suoi quattro figli, impresari edili, ristrutturarono la casa dandole l’aspetto che ha ora. La statua in gesso della Madonna sembra sia stata acquistata con una colletta dalle famiglie del borgo ad est della statale.

Altri tempi allora, soprattutto fino agli anni 70, cioè fino a quando il traffico cominciò ad essere così intenso da richiedere l’allargamento della “stradetta piccola” e del ponte che la unisce con via Foscolo. Fu in quella circostanza che venne tolta la piccola recinzione in ferro ricamato che delimitava lo spazio di poco più di un metro quadrato sito di fronte al capitello, separandolo così dalla stradina. Ed era in quel quadrato che veniva messo l’inginocchiatoio per il sacerdote il 15 agosto di ogni anno, inginocchiatoio che veniva prestato dalla Giustinea Fabris, responsabile del capitello di Sant’Antonio. E di questo capitello ci prepariamo a festeggiare il  centenario il prossimo giugno 2013…

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