Il terremoto dentro e fuori di noi

di Elisa Parolin

[dropcap style=”font-size: 60px; color: #1e6bbd;”] S [/dropcap]ono Elisa Parolin di Rosà, quartiere Borgo Tocchi, e dal 2004 vivo a Carpi in provincia di Modena. Sono sposata con Simone e abbiamo quattro figli. Raccontare cosa comporti un terremoto non è semplice, perché la paura che è di tutti si mescola con il vissuto di ognuno, con le fragilità e con la propria dimensione spirituale. Ci provo comunque, nella speranza di poter essere utile per chi voglia capire meglio cosa sia un terremoto per le persone che lo vivono, e nella certezza che il raccontarlo possa essere un utile esercizio per chi il terremoto lo ha vissuto e, in qualche misura, se lo porta e se lo porterà dentro per molto tempo.
20 Maggio 2012 ore 4.03
Siamo tutti a letto, è notte fonda, e improvvisamente ci svegliamo perché trema tutto, i vetri sembrano rompersi, è il terremoto: mi attacco a mio marito che mi dice di aspettare che finisca, ma la paura è tanta e la scossa sembra non finire mai. Dopo alcuni secondi le cose si calmano e io mi fiondo in camera per prendere in braccio la più piccola dei nostri quattro figli. Stranamente nessuno dei bimbi si è svegliato tranne il grande, che però non sembra particolarmente spaventato. La casa sembra a posto, mio marito fa un giro fuori e poi decidiamo di lasciare dormire i bambini per non spaventarli. Nel frattempo arriva mia suocera spaventata e si ferma da noi. Di lì a poco però ne arriva unaltra, e poi unaltra e a quel punto i bimbi si svegliano e ci troviamo tutti al piano terra sul divano, stanchi e spaventati, pronti a scappare fuori se le cose dovessero peggiorare. Noi abitiamo allinterno di un grande oratorio di cui mio marito è direttore, l’oratorio cittadino Eden, che al suo interno ha svariate attività tra cui una scuola dal nido alle medie, l’Azione Cattolica, gli Scout, una scuola di musica, società sportiva, centri educativi per ragazzi in difficoltà e tanto altro. Al mattino presto mio marito parte con un tecnico per fare un sopralluogo immediato e capire se le varie attività quella domenica mattina potranno essere fatte: ci sono problemi in alcune zone ma nel complesso andiamo bene quindi si può continuare. Nel frattempo arrivano notizie pesanti: nella bassa sono venute giù chiese, case e capannoni, ci sono anche dei morti, anche la Cattedrale (la chiesa vicino a noi) è inagibile e per questo tutti verranno in oratorio per celebrare la messa nel salone.
29 Maggio 2012 ore 9.00
Dopo la scossa del 20 la vita è ripartita abbastanza bene, c’è una grande paura ma a distanza di una settimana comincia a diradarsi, i problemi grossi sono stati verso Finale Emilia e in alcune zone della bassa, quindi ci stiamo adoperando per aiutare la gente di quei paesi e capire comè la situazione visto che qui ci sono certo problemi ma nel complesso stiamo andando avanti. I bambini sono tutti a scuola e all’asilo, io sto andando in ufficio e mio marito è in oratorio, dentro alla scuola, che sta andando verso il suo studio. Improvvisamente si sente un boato fortissimo, tutto comincia a tremare e l’intensità aumenta, sempre più forte, il rumore è assordante, il terreno sinarca in una serie di onde al punto che fatico a rimanere in piedi. Poi tutto si ferma, torno in oratorio e la situazione è veramente seria: tutti i bambini e i ragazzi (circa 400) sono già in mezzo al cortile, l’evacuazione è andata bene, nessuno si è fatto male, ma la paura cresce in modo esponenziale man mano che ci si rende conto di cosa è successo. Mio marito è in mezzo al cortile che cerca di distrarre i bambini, ancora abbastanza tranquilli, e di calmare gli adulti, ma di lì a poco arriveranno le mamme in preda al panico e tutto cambierà. Una mamma arriva urlando e piangendo alla ricerca disperata di suo figlio, i vari bambini cominciano a spaventarsi davvero perché vedono il terrore nel volto degli adulti e le cose degenerano, le strade sono bloccate, c’è un arco pericolante e mio marito cerca di dire a tutti di passare veloci perché è pericoloso, ma le parole si perdono nella paura. Arriva il papà di un bambino di Rovereto ed è fuori di sé: urla, grida che è andato tutto perso, non hanno più niente, la casa è distrutta, il laboratorio anche, la macchina è rimasta bloccata sotto le macerie. Le notizie si susseguono, con il passare del tempo cala il panico ma aumenta la consapevolezza di quello che è accaduto e la paura si fa strada, perché temi che non sia finita e non sai cosa fare perché non hai un posto dove andare per sentirti veramente al sicuro e la preoccupazione per quello che sarà ti insegue e aumenta con il passare del tempo. Per qualche ora stiamo tutti lì, in attesa degli eventi e di notizie, i pochi che hanno il telefono funzionante lo prestano in continuazione perché per tutti la cosa principale è sapere come stanno i propri parenti e amici. Non abbiamo un posto dove andare per toglierci da quella situazione e non abbiamo una cosa in particolare da fare, lunica cosa che conta è stare al sicuro e distrarre i bambini e il campetto da calcio dellOratorio in quel momento è il posto più sicuro e divertente che ci sia. Nel frattempo io sono andata in bicicletta a prendere i bambini a scuola, sembravano abbastanza tranquilli, ma quando siamo arrivati la più grande ha visto il suo papà e le si è buttata al collo in un pianto liberatorio. Passano i minuti, arrivano le notizie: stanno evacuando tutto lospedale, i parchi sono pieni, ci sono case e fabbriche crollate e molte con danni gravissimi, alcune fughe di gas in città, dal terzo piano delloratorio scende dellacqua ma nessuno può andarci, è troppo pericoloso. E le parrocchie? Come stanno i nostri amici? Difficile saperlo ma, telefonata dopo telefonata arrivano informazioni che ci danno un quadro a dir poco tragico: le chiese e spesso anche le canoniche di tutta la diocesi sono crollate o gravemente danneggiate tranne tre, molte parrocchie si apprestano a diventare di lì a poco delle vere e proprie tendopoli, i parroci sono tutti senza casa e… don Ivan è morto! Come? Sì don Ivan, il parroco di Rovereto, è morto: durante la scossa stava recuperando con i vigili del fuoco alcune opere darte rimaste nella sua Chiesa danneggiata dopo il 20 maggio, il soffitto è crollato e una trave lo ha travolto. Mio marito si muove continuamente per seguire la situazione, parla con gli insegnanti, con l’ingegnere che per coincidenza si trovava lì, devono decidere cosa dire alle famiglie ma il dubbio si risolve presto perché il prefetto e il sindaco hanno deciso: tutto chiuso. Io, assieme ad altri, sono nel campo con i bimbi, c’è paura a muoversi ma con il passare del tempo alcuni si fanno coraggio: la nostra vicina decide di tornare in casa per andare in bagno con sua figlia. Qualche istante dopo, alle 12.55 parte unaltra scossa, fortissima! L’istinto è quello di correre verso la casa di Monica, così si chiama la nostra vicina, ma poi l’intensità della scossa e il boato ci fanno attendere la fine e in quel momento vediamo arrivare di corsa Monica e sua figlia. Meno male, sospiro di sollievo. Ma non è finita: ore 13.00, ne parte unaltra, più forte ancora! È snervante, ti viene voglia di fuggire, ma dove? I lampioni e gli alberi si piegano tantissimo e ondeggiano per qualche minuto, sembra che da un momento all’altro possa cadere tutto, non solo gli edifici. Ti butti a terra ma tutto trema, vorresti non sentire, ma il boato è fortissimo. L’ansia è troppa, le due più piccole piangono abbracciate alla nonna, io sono con la più grande che non ce la fa e vomita per la paura, mio marito si sdraia a terra per respirare e scaricare un po di tensione e anche nostro figlio grande, sedici anni, accusa un po’ il colpo, ma è lì con alcuni suoi amici e la paura passa in fretta. Da quel giorno molte cose sono cambiate, prima in peggio e poi, progressivamente in meglio. Le scosse sono continuate, anche forti, e in piccola misura continuano ancora, ma molte cose sono ripartite. Noi fortunatamente siamo tornati in casa, molti altri no. Anche in oratorio le cose stanno ripartendo anche se con spazi molto ridimensionati: in larghissima parte infatti l’edificio è risultato inagibile e, eccezion fatta per alcune zone al piano terra, è quasi tutto inutilizzabile. Alcuni lavori sono già partiti e l’asilo nido è a posto, ma per le materne, elementari e medie lanno è iniziato in strutture provvisorie in attesa che vengano pronti i containers che la regione ha installato sul campo da calcio. Tutti stanno cercando di ripartire ma chi già faticava prima, i più poveri e i disoccupati ad esempio, adesso si trova in ancora maggiore difficoltà. C’è ancora molta gente, soprattutto verso la bassa ma anche a Carpi, che non sa bene cosa fare della propria casa e del proprio lavoro, e chi poi spera che una casa gliela trovino al più presto. L’ospedale sta riaprendo alcuni reparti, in attesa di varie ristrutturazioni, e il pronto soccorso, che fino ad oggi è stato sotto a delle tende. Le chiese agibili nella nostra diocesi adesso sono solo cinque (su 39 parrocchie), e si sta cercando di allestire strutture prefabbricate per poter celebrare la messa e fare attività anche dinverno. In molte realtà sono iniziati i lavori di “messa in sicurezza”, che però servono solo ad impedire che eventuali crolli di chiese o campanili mettano in pericolo gli edifici circostanti. Per la ricostruzione servirà molto tempo e tanti, tantissimi soldi. In oratorio il problema è il medesimo: le attività stanno continuando ma servono risorse, anche per lo svolgimento delle attività perché il rischio è quello che, dovendo reperire fondi per ricostruire, non siano per molto tempo le risorse adeguate per poter continuare a fare attività per i giovani. Per ora la generosità che abbiamo ricevuto è stata tanta e commovente, ma è anche vero che i problemi che dovranno essere affrontati sono veramente grandi, primo fra tutti la paura che ha lasciato segni veramente profondi, soprattutto nei bambini e nei ragazzi anche se ad una prima impressione potrebbe non sembrare. Quest’estate in alcuni campi ACR era veramente impressionante sentire bambini parlare continuamente del terremoto, delle loro case distrutte o danneggiate, o vederli bloccati di fronte ad un “nastro help” intimoriti dal fatto che potesse segnalare una zona rischiosa per edificio pericolante. È proprio per questo che in oratorio stiamo cercando di portare avanti tutto e, se possibile, di sfruttare tutte le occasioni per poter non solo ricostruire come prima ma possibilmente anche meglio di prima: per essere ancora più vicini ai bambini e ai ragazzi della nostra città, annunciando loro la gioia, la speranza e la serenità del Vangelo.

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