La Chiesetta di Villa Dolfin (seconda parte)

di Giuseppe Grandesso

L’autentica delle reliquie porta la data del 28 Aprile 1783.

Nella medesima si dichiara che la reliquia fu donata dal Papa, per mezzo del cardinale Marco Antonio Colonna al Senatore Veneto Leonardo Dolfin.

Il documento attesta che il martire di Cristo, San Bono è stato tolto dal cimitero di Ponza e collocato, assieme ad un vasetto di cristallo con grumi sanguigni del Santo, in una cassa di legno, rivestita di carta ondulata e ben chiusa. Le ossa sono state collegate fra loro da un filo continuo di seta rosso (e ciò per evitare possibili manomissioni e per poter eventualmente in seguito constatarne l’integrità). La cassa infine è stata contrassegnata con il sigillo papale.

Si dichiara ancora che lo stesso Leonardo Dolfin aveva potestà di tenerla presso di sé oppure di donarla ad altri per esporla alla venerazione dei fedeli in qualsiasi chiesa, oratorio o cappella. Inoltre si concede la facoltà di celebrare la messa ed altri uffici religiosi, secondo i decreti della Sacra Congregazione, emanati l’11 Agosto 1691.

L’autentica è firmata dal vicereggente e dal custode delle sacre reliquie, e contrassegnata dal sigillo a secco del Cardinale Colonna. È stata ricevuta a Venezia nel palazzo Apostolico presso San Francesco della Vigna il 24 Settembre 1783 dall’Arcivescovo Giuseppe Firraro, Nunzio Apostolico e Signore dell’intero dominio della Serenissima. Per constatare l’integrità della reliquia, l’autentica è stata periodicamente vistata nel tempo da illustri prelati:

II 3 Maggio 1865 dal Vescovo Antonio Farina.

II 1 Giugno 1891 dal Vescovo Antonio Maria De Pol

II 1 Giugno 1903 dal Vescovo Antonio Ferullio.

II 4 Dicembre 1950 dal Vescovo Carlo Zinato.

II 28 Novembre 1974 dal Vescovo Arnoldo Onisto.

La celebrazione religiosa e l’esposizione delle reliquie di San Bono, come da tradizione, si svolge il lunedì dell’Angelo perché molto probabilmente, anche se manca una documentazione certa, la traslazione del corpo del Martire a Rosà, nella chiesetta di villa Dolfin, è avvenuta un lunedì di Pasqua. Ai lati dell’altare, si ammirano inoltre due tele rettangolari, delle quali si ignora l’autore, opere forse di scuole minori. In una è rappresentata l’esaltazione della Santa Croce. Si vede Santa Elena, madre dell’Imperatore Costantino (che promulgò il famoso editto nel 313, in cui concedeva ai cristiani la libertà di professare la loro religione), mentre sorregge la croce con San Maccario, vescovo di Gerusalemme in quel tempo. In basso sono raffigurate le due martiri, Santa Eurosia e Santa Irene da Tessalonica, protettrici dei raccolti. Un tempo queste sante venivano invocate dai contadini per allontanare le tempeste e le bufere, un richiamo simbolico quindi visto che la cappella è situata nel bel mezzo della campagna veneta ed a quel tempo tutta la vita dipendeva dal raccolto dei campi.

La seconda tela rappresenta la Madonna con Gesù Bambino in braccio e altri santi, San Pio V e San Nicola, per ricordare la vittoriosa battaglia di Lepanto, il 7 ottobre 1571 e festa del trionfo cristiano sui turchi. Alla battaglia contro l’esercito ottomano parteciparono anche alcuni rappresentanti di casa Dolfin, tra cui possiamo ricordare con il grado di Sopracomite di galea, Pietro, figlio di Benedetto, Gerolamo figlio di Giacomo e Francesco figlio di Giovanni.

Nelle pareti della Cappella ci sono altre sei tele di forma ovale in cui si vedono: San Ignazio di Loyola, San Antonio da Padova, San Pasquale Baylon, Beata Giovanna Maria Bonomo, San Girolamo Emiliani e San Giuseppe tutti santi ai quali la famiglia Dolfin era particolarmente devota.

Alle pareti sono presenti, su quadretti di piccole dimensioni, le stazioni della Via Crucis aggiunte il 30 ottobre del 1815, mentre una piccola acquasantiera a forma di nido di rondine posta a lato della porta principale accoglie i fedeli.

Dal soffitto, al centro della Cappella, pende un lampadario in ottone di pregevole fattura.

Nella Cappella dei Dolfin  è stata accertata la presenza di un prete fino alla fine dell’800 che viveva stabilmente nelle adiacenze della villa e che, oltre alla celebrazione della messa, aveva il compito di educare i figli del conte. Le cronache riportano il nome di alcuni sacerdoti, tra gli ultimi impegnati in questo compito si ricorda: don Giovanni Bellò (1865), don Giovanni Fenovato (1877). Anche in tempi precedenti, alcuni documenti, confermano come l’aspetto religioso venisse molto curato in casa Dolfin, nel 1742 viene infatti menzionato don Giovanni Maria Compostella, senza però approfondire l’eventuale ruolo di educatore.

Bisogna infine ricordare come tutte le figlie del Conte Francesco celebrarono le proprie nozze nella chiesetta di famiglia. Il 24 gennaio 1889 Cecilia sposa il capitano Raffaello Moccali, due anni più tardi la primogenita Lucrezia sposa il 16 novembre 1891 il sig. Gaetano Carli, mentre il 7 agosto 1895 Andriana sposa il Marchese Benedetto Selvatico di Padova; da questo momento bisogna aspettare alcuni anni prima che vengano celebrate le nozze dell’ultima nata di questa numerosa famiglia, la contessa Delfina, il 6 maggio 1911 con il Nob. Mario Cantele di Padova.

Attualmente la chiesetta non viene più utilizzata per celebrazioni religiose, ad eccezione del lunedì pasquale. Giorno che la tradizione perdendosi nella leggenda, vuole essere legato alla traslazione delle spoglie di San Bono in questo edificio. Ancora oggi la Santa Messa del mattino del lunedì di Pasqua apre le porte ad una giornata di festeggiamenti per la comunità locale.

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