La famiglia: luogo originario dell’educazione

di Elisabetta Nichele

[dropcap style=”font-size: 60px; color: #1e6bbd;”] S [/dropcap]tiamo vivendo in un periodo storico caratterizzato da profondi cambiamenti culturali, sociali, da uno sviluppo tecnologico sempre più innovativo e da condizioni di vita maggiormente frenetiche e stressanti. Queste trasformazioni epocali hanno un’inevitabile effetto sulla famiglia, sul rapporto uomo-donna, sulla funzione materna e paterna e anche sul rapporto tra genitori e figli.

La famiglia è un sistema di relazioni primarie. È in famiglia che impariamo a conoscere la diversità (di genere, di ruolo, …) e a convivere con i diversi. È in famiglia che impariamo che la relazione è qualcosa che produce affetto e benessere profondo, ed è in famiglia che costruiamo la nostra identità.

Le famiglie attuali, assegnando un ruolo centrale all’esperienza genitoriale diventano così il perno della vita affettiva del figlio.

La  famiglia  rappresenta sé stessa come luogo privilegiato di accudimento e protezione; suo scopo fondamentale diventa quello di donare amore e sicurezza ai figli, soddisfacendone ogni bisogno affettivo, economico e sociale. L’investimento amoroso convive con il fatto che i figli sono anche fantasticati dai genitori come proprietà esclusive. Prima l’idea era quella di un bambino totalmente passivo e dipendente, ora il bambino è socialmente competente, con caratteristiche specifiche: egli è in grado di  co-costruire la relazione con gli adulti che lo circondano.

In passato essere genitori comportava una funzione materna o paterna più centrata sui valori tradizionali o su una continuità generazionale, all’interno della quale erano relativamente poco importanti le variazioni del contesto sociale di appartenenza.

Si è passati così dalla famiglia con un “ruolo normativo” in cui si trasmettevano principi morali e norme sociali, alla famiglia “affettiva” orientata a negoziare tutto e a soddisfare i bisogni individuali dei figli, a evitargli sofferenze e frustrazioni.

Numerosi studi psicologici hanno sottolineato il particolare ruolo della madre e del padre nella crescita del figlio fin da quando egli è neonato. Il rapporto con la figura materna rappresenta una modalità affettiva e relazionale centrata in particolar modo sull’area della cura intesa come accoglienza, protezione, legame, calore, soddisfazione sollecita del bisogno. Al padre, invece, è affidato il compito di favorire il processo di separazione dalla madre e di introdurre il figlio nel mondo più adulto e autonomo del sociale.

Il rapporto con la figura paterna valorizza l’esplorazione, l’efficienza, l’autonomia e l’indipendenza.

La famiglia, quindi, è intesa sia come base di appoggio emotivo che come scambio di affetti. Essa è il luogo in cui l’individuo cresce e si adatta a vivere nel sistema sociale ma può anche costituire luogo di grandi conflitti, di fronte ai quali i genitori possono assumere due modalità comportamentali opposte e disfunzionali: o si dimostrano troppo rigidi arrivando a non tollerare i comportamenti aggressivi dei figli, bloccandoli così  nell’espressione delle emozioni in generale; oppure si identificano con i figli, diventano “amici”, trascurando in un certo senso il ruolo parentale, e impedendo così di imparare a controllare la propria aggressività.

Sarebbe esagerato ed anacronistico rimpiangere la figura genitoriale autoritaria che impartiva divieti ed obblighi, così come risulterebbe eccessivo da parte della famiglia considerare come primario solo l’aspetto affettivo poiché anche l’educazione alle norme sociali è un’espressione d’affetto che i genitori trasmettono ai propri figli. È fondamentale che il bambino acquisisca un bagaglio di principi morali che gli permetta di vivere in mezzo agli altri e di riservarsi un suo posto nella società.

L’educazione, quindi, non consiste nell’applicazione rigida e rigorosa di principi o di un sistema di regole, divieti e premi che se vengono applicati mettono al riparo da eventuali deviazioni di comportamento.

L’educazione è un processo complesso che interessa la dimensione affettiva ed emotiva; è un incontro e un intreccio fra personalità e relazioni che il bambino sperimenta innanzitutto con i genitori, i quali svolgono un ruolo fondamentale nel suo sviluppo.

Essere genitori è una:

fatica: significa sacrificio, ma per qualcosa di bello

responsabilità: implica un impegno pesante da assumere, ma che dà soddisfazione. Non possiamo delegare!

Gioia: per il cammino di crescita reciproca, compiuto insieme ai figli.

Se noi adulti trasmettiamo efficacemente ai nostri figli, affetto, valori, scopi, propositi che noi stessi seguiamo e condividiamo, i ragazzi acquisiranno creatività, interesse e passione nello svolgere le varie attività che arricchiranno la loro personalità.

Quindi, per educare e responsabilizzare i figli, è forse opportuno ridare un significato più profondo alle cose, significato che è stato sicuramente inaridito dalla nostra cultura troppo consumistica e superficiale.

Fare il genitore è sicuramente un mestiere difficile, ma è un’avventura che vale la pena di intraprendere, senza pretesa di essere perfetti, nessun genitore lo è.

Siamo umani, occorre la capacità di accettare i propri limiti e allo stesso tempo di mettersi in gioco, essere presenti nell’educazione dei figli, senza perdere di vista il proprio ruolo genitoriale, con il massimo impegno, amore ed entusiasmo offrendo loro la possibilità di crescere e di acquisire il senso profondo della propria esistenza.

Il dono dell’amore è quindi la principale risorsa educativa della famiglia. L’amore è comunicazione, accoglienza, dono, dialogo. Si educa “dialogando” e nel dialogo avviene la trasmissione vitale dei valori. L’amore promuove amore. I nostri figli hanno bisogno di amore e di sapere di essere amati.

Decalogo dell’educare

Educare è:

1. formare con l’insegnamento e l’esempio;

2. voler bene gratuitamente: “È questione di cuore!” diceva Don Bosco;

3. ascoltare, dialogare;

4. perdonare;

5. un impegno e una responsabilità;

6. risvegliare nell’altro tutte le qualità positive che ha in sé;

7. testimoniare ciò in cui crediamo;

8. un processo dinamico, evolutivo;

9. essere pazienti, rispettare i ritmi dell’altro, non guardare solo le nostre aspettative;

10. “l’avventura più affascinante e difficile della vita” (Messaggio di Benedetto XVI per la 45a Giornata Mondiale della Pace)

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