L’accoglienza fatta persona

 

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di Vittorio Campana

[dropcap style=”font-size: 60px; color: #1e6bbd;”] M [/dropcap]ina Marano Ganassin: L’accoglienza fatta persona.
Quanti appartengono alla famiglia di Mina? Quanto numerosa è la sua discendenza? A quanti ha lasciato un’eredità importante, un lascito indimenticabile? Non sono solo i suoi tre amatissimi figli. E nemmeno i suoi adorati nipoti. Sono molti di più. E non si limitano ai ragazzi e ai bimbi giunti trentacinque anni fa dall’Estremo Oriente, il Vietnam martoriato dalla guerra, divenuti subito suoi figli adottivi e accolti a braccia aperte. Ma chiunque, anche se solo per poche ore, abbia avuto la grazia di incontrare Mina con cuore aperto è diventato immediatamente una sua creatura. Nella vita capitano poche occasioni di poter parlare con persone come lei, perchè ascoltare le sue parole così ricche di significati, ammirarne i gesti e lasciarsi coinvolgere dalla sua esuberanza e dal suo entusiasmo è stata una tappa importante per molti uomini, donne e ragazzi che l’hanno conosciuta, magari a catechismo o ad un momento conviviale. A testimonianza di tutto ciò restano il suo amore di moglie, di madre e di nonna, la sua fede cristiana, la sua generosità nella comunità civile e religiosa, il suo impegno politico, la sua allegria contagiosa, la sua passione spiazzante per la danza, la sua incrollabile fiducia della Provvidenza, la sua ricerca speranzosa di una luce anche nei momenti bui, la sua certezza nel conforto dell’aiuto di Dio.

Leggendo le parole di San Paolo:”La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode della ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.” chi sostituirà alla parola Carità il nome Mina ne riceverà un ritratto molto fedele.

 

Vicenza, 29 Dicembre 1930

Bruno Marano e Giuseppina accolgono la loro terza figlia; Guglielmina Anita! È la più piccola rispetto ai fratelli Licia e Vinicio (di dieci e undici anni maggiori), quel nome è troppo altisonante per quello scricciolo e diventa così “Mina”.

Sono nove anni pieni di affetto e bei momenti per lei e la famiglia, quando tutto viene sconvolto dalla morte della sua adorata mamma.

Il padre anni dopo si risposerà con Albina, una signora algida che purtroppo non riuscirà a riempire il cuore della bambina dello stesso caldo amore della mamma.

Quasi a voler infierire, il destino farà vivere alla piccola gli anni bui della guerra. Con il suo carico di orrori, bombardamenti e fame, perché chi vive in città non ha risorse come in campagna: dove almeno un uovo lo puoi recuperare!

Forse è questa infanzia a forgiarla, a formare l’embrione di quel carattere che mescolava dolcezza a “tostezza”. Quel carattere che le permetterà di affrontare la morte del marito Edgardo.

Per amore si era trasferita a Firenze, città natale del marito (e anche del papà Bruno), lì nascerà la sua prima figlia, Cristina, lì c’era la sua famiglia e il suo lavoro.

Tutto si rompeva, dopo anni di malattia, Edgardo moriva e lei a 30 anni e Cristina di 5 anni dovevano affrontare un futuro da ricomporre.

Bassano del Grappa le accoglierà a casa della sorella Licia, Mina “la battagliera” trova in breve lavoro e casa. Le sue capacità vengono apprezzate dalla ditta che l’assume e da subito è capo ufficio e segretaria del direttore. È proprio qui che conosce Albino, anche lui dipendente della stessa azienda, rimasto vedovo da alcuni anni. Dal loro matrimonio nasce Livio, ma prima della sua nascita l’impresa nella quale lavoravano fallisce!

Mina e Albino riescono ad avviare una piccola attività in proprio in una frazione di Rosà: a Cusinati dove spostano anche la loro residenza. Alla famiglia si aggiunge Marco, il terzo figlio, anche se tra lavoro e figli non avanzava molto tempo; si attiva in parrocchia, saranno i “giovanissimi” a darle grande soddisfazione e tanto affetto.

Il conflitto ventennale in Vietnam lascia cicatrici enormi in quella parte del mondo a noi lontana, dispersi nell’oceano piccoli pescherecci sacrificati alla sussistenza delle povere famiglie cercano di portare in salvo giovani scampati alla guerra. Molte imbarcazioni saranno depredate da pirati, alcune fortunate incontreranno navi caritatevoli che li porteranno in salvo; è proprio così che la famiglia Bui arriva in Italia. Accolta dalla Caritas a Roma e successivamente ad Asolo; il gruppo è formato da 10 persone e vanno dai 23 ai 6 anni d’età, una coppia e i fratellini di lui. È difficile trovare una sistemazione senza smembrare la famiglia, questa storia arriva a conoscenza di Mina, la soluzione: formare un comitato parrocchiale che assumerà la responsabilità di tutti, è il 23 ottobre 1979. I ragazzi Bui hanno trovato “mamma Mina” e “papà Albino” crescono in alloggi offerti da gente di cuore e allestiti con il lavoro di persone generose. Sicuramente non è stata una passeggiata seguire la crescita di questi ragazzi con tutte le problematiche dell’adolescenza, della salute ed economiche. Ma si sa la mamma è sempre la mamma e Mina non si tira indietro. La famiglia, il lavoro, la nuova famiglia vietnamita, i giovanissimi, impegni umanitari e politici; questi i fili che compongono la trama della sua vita, fili che si uniranno in un caldo abbraccio negli ultimi mesi quando la malattia cercherà di sopraffarla.

Cristina

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