Rosà cosmopolita, due famiglie si raccontano

di Lucia Busatta

[dropcap style=”font-size: 60px; color: #1e6bbd;”] H [/dropcap]attab Thouria e la sua famiglia, felici di vivere a Rosà con il desiderio di non dover rinunciare totalmente a feste e tradizioni del loro paese d’origine.

Da dove venite?

     Dal Marocco,  mio marito è di Casablanca mentre io sono di El Kelaa Des Sragna un paese vicino a Marakech.

Quando  siete arrivati  in Italia e cosa vi ha spinto a venirci?

     Io non pensavo di venire in Italia, mi ero appena diplomata in Marketing ed informatica. Mio marito, diplomato,  faceva il taxista. Venne in Italia nel 1996  a trovare la sorella che viveva  a Roma ed era sposata con un Italiano.  L’Italia  in quegli anni offriva buone opportunità di lavoro per gli immigrati. Così  decise di stabilircisi. Si trasferì a  Rosà  dove aveva  trovato lavoro presso una falegnameria. Io lo raggiunsi, assieme a mio figlio  di un anno, nel 2000 – dopo una pratica per ricongiungimento famigliare molto lunga e  burocratica -.

Avete trovato quello che speravate?

     Sì, ma all’inizio non fu facile. Mio marito, non trovando una casa in affito a Rosà, ne affittò una  a Lusiana. Io,  appena lasciato il Marocco,  mi  trovai a vivere in  montagna dove non conoscevo nessuno e non parlavo l’italiano. Rimanevo tutto il giorno da sola con il piccolo,  mentre mio marito veniva a  Rosà a lavorare.

Come siete stati accolti a Rosà?

     Nel 2002 fortunatamente abbiamo trovato una casa e ci siamo trasferiti a Rosà.

Non abbiamo avuto nessuna difficoltà ad inserirci  qui. I vicini di casa si sono dimostrati fin da subito   gentili e disponibili. Poi  qui a Rosà abitavano anche i miei  tre fratelli e per me era  un riavvicinarmi alla mia famiglia. Ora due di loro si sono trasferiti in Francia.

Qui a Rosà sono poi nate le due bambine. Quando il primogenito aveva 4 anni ha iniziato a frequentare la scuola d’infanzia a Cusinati e di seguito le scuole elementari dove ho trovato delle  maestre molto brave e gentili.

Pensi che ora il più grande frequenta le superiori mentre le ragazze frequentano le scuole di Rosà.

A cosa avete dovuto rinunciare  allontanandovi dal vostro paese?

     A tantissime cose. Abbiamo lasciato le nostre famiglie di origine, la nostra cultura, le feste e le tradizioni. I nostri bambini crescono lontano dai loro nonni, che possono  rivedere solo di tanto in tanto.

Mi dicevi che vi mancano le vostre tradizioni…..

     Sì, ci manca poter festeggiare  le nostre ricorrenze  religiose come  la “Festa del montone” – la seconda per importanza tra le feste religiose musulmane che corrisponde alla  Pasqua della religione cristiana – . In ogni casa viene sacrificato un  montone e le carni vengono donate alla gente povera, solo una parte  verrà consumata dalla famiglia.

Il sacrificio del Montone non lo possiamo fare negli appartamenti quindi ci servirebbe uno spazio idoneo per poterlo fare nel rispetto delle leggi sulla macellazione vigenti in Italia.

Così succede che i  nostri figli  si ritrovano a  non  festeggiare le nostre feste religiose  e non  festeggiano nemmeno quelle della religione cattolica perché non ci appartengono.

Questo dei bimbi che vivono a metà tra  due culture è un problema molto sentito, perchè sono destinati a perdere la loro identità e le loro radici.

Quali cose  avete, invece, trovato qui a Rosà che non immaginavate di trovare?

     Qui a Rosà abbiamo potuto partecipare ad iniziative organizzate da gruppi di volontariato e dalla scuola  che ci hanno permesso di incontrarci con altri genitori. E’ stato bello in queste occasioni poter far conoscere le nostre tradizioni e la nostra cucina.

Cosa vi piace di Rosà e dell’Italia?

     Il clima, il paese, il rispetto che c’è tra  la gente. Apprezzo la cucina italiana e spesse volte cucino cibi italiani, che,  a dire il vero, non sono  molto diversi da  ciò che mangiamo in  Marocco, è pur sempre  cucina mediterranea.

Adesso dopo tanti anni vi sentite di far parte di questo paese?

     Sì, siamo contenti. Anch’ io  lavoro,  nel  2005 sono stata assunta a tempo pieno presso l’Istituto Palazzolo come addetta alle pulizie. Questo lavoro mi ha permesso di conoscere molta gente, di imparare la lingua italiana e ha certamente contribuito al nostro buon inserimento a Rosà.  I nostri figli frequentano volentieri la scuola e giocano abitualmente con i bambini rosatesi. Vorrei dire che  si sentono italiani a tutti gli effetti.

Mio marito sta per avere la cittadinanza italiana,  mentre io  dovrò aspettare ancora 3 anni.

Terremo, comunque,  anche la cittadinanza Marocchina.

Cosa  manca a Rosà per favorire l’accogliena e l’integrazione delle persone immigrate?

     Momenti in cui loro possono rivivere la loro cultura. Soprattutto per le donne che non lavorano che rimangono a casa a lungo senza contatti.

Per loro servirebbero corsi di italiano, gruppi di ascolto, momenti di condivisione con altre donne

Che consiglio dareste a chi partisse  dal Marocco per venire in Italia?

     In questo momento è opportuno che se ne rimangano là. Molte  famiglie che vivono  qui  e che son senza lavoro per la  crisi hanno grosse difficoltà. Rimangono qui perchè i loro figli sono inseriti nella scuola italiana e avrebbero difficoltà ad inserirsi nella scuola in Marocco..

     Thouria  ringrazia per questa intervista: le abbiamo dato modo di esporre,  oltre alla sua esperienza in Italia anche i  bisogni della comunità mussulmana.

     Accoglienza e integrazione passano anche attraverso questi messaggi che chiedono risposte e sottendono una velata nostalgia del proprio paese.

Necessità di favorire un punto di accoglienza per trovare orientamento e informazioni tali da soddisfare le istanze più urgenti.

Da dove venite?

     Proveniamo dalla Repubblica di Macedonia, un paese che conta circa 2 milioni di abitanti. Si trova nella penisola balcanica, a nord della Grecia.

Quando  siete arrivati  in Italia e cosa vi ha spinto a venirci?

     La HYPERLINK “http://it.wikipedia.org/wiki/Disoccupazione”, disoccupazione e i problemi dell’economia macedone ci hanno spinto a cercare un luogo migliore per vivere, che offrisse un lavoro ed un futuro migliore per noi e per i nostri  figli. Viviamo in Italia dal 1997.

Avete trovato quello che speravate?

     Si, in pochi anni siamo riusciti a realizzare i nostri obiettivi: abbiamo trovato lavoro, avviato una nostra attività, abbiamo trovato un’abitazione che rispondeva ai nostri bisogni, inoltre, i nostri figli stanno facendo un buon percorso di studi.

Nel frattempo abbiamo conosciuto persone accoglienti, amichevoli con cui abbiamo passato bei momenti.

A cosa avete dovuto rinunciare  allontanandovi dal vostro paese?

     Lasciare il proprio paese significa lasciare la propria famiglia, la propria casa, le persone con cui si è cresciuti. Significa cambiare lo stile di vita, la cucina, la musica, la lingua…

Mi dicevi che vi mancano le vostre tradizioni…..

     È difficile rinnegare del tutto le proprie tradizioni, non possiamo negare che ci manchino qualche volta, ma fortunatamente possiamo tornare nel nostro paese durante le vacanze estive.

Cosa vi piace di Rosà e dell’Italia?

     La posizione geografica, il buon clima in cui vivere, la mentalità del luogo e lo spirito con cui gli italiani affrontano la loro vita sono cose che ci piacciono.

Adesso dopo tanti anni vi sentite di far parte di questo paese?

     Si, in particolare quando andiamo in vacanza in Macedonia dopo qualche settimana i nostri figli chiedono di tornare a casa in Italia, e noi stessi ci accorgiamo di sentirci più a casa mia, in Italia, rispetto al nostro paese nativo, dopo tutti questi anni.

Cosa, secondo voi manca a Rosà per favorire l’accoglienza e l’integrazione delle persone immigrate?

     Trovo le attività volte all’integrazione molto buone, ma ciò che manca è un punto di accoglienza dove le persone possano trovare orientamento e informazioni per qualsiasi bisogno: questioni burocratiche sugli alloggi, l’iscrizione scolastica dei figli, i bisogni medico-sanitari, gli uffici di collocamento.. tutti aspetti importanti della vita di ogni uomo. Noi abbiamo avuto la fortuna di incontrare persone che ci hanno accompagnato e guidato in questi passaggi. Per questo riteniamo che  un punto di accoglienza e di orientamento possa rispondere alle esigenze di molte famiglie nei primi anni di vita in Italia.

Che consiglio dareste, ora,  a chi partisse  da lontano  per venire in Italia?

L’Italia è un bel paese in cui vivere, ma arrivare in un paese nuovo senza avere un lavoro ed un alloggio al giorno d’oggi non è più possibile. Per essere sicuri di condurre una buona vita bisogna arrivare con la certezza di un posto di lavoro ed un luogo dove vivere.

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