Desidero un lavoro che mi piace

Acli e Giovani Laureati Rosatesi. Come i giovani sognano il futuro

 

Intervento di Ivan Ganassin

 

Cosa desiderano i giovani, come progettano il loro futuro, quali sono gli equilibri che cercano, gli obiettivi che sognano, il benessere a cui aspirano? Se ne è parlato lo scorso marzo in sala Giubileo durante la tavola rotonda “Desidero un lavoro che mi piace”, organizzata dal Circolo Acli di Rosà e dal Circolo Giovani Laureati Rosatesi. Tante e diverse sono state le voci che sono intervenute e che hanno illustrato, analizzato, presentato il tema giovani-lavoro: Silvano Bordignon, psicologo e giornalista pubblicista, ha parlato dei “Nuovi orizzonti del lavoro”, il dr. Carlo Paolin, statistico, ha presentato “Alcuni dati sul lavoro”, la dr.ssa Anna Simonetto, psicologa, è intervenuta su “Lavoro e benessere”, l’ing. Andrea Visentin, già presidente degli Industriali di Bassano del Grappa, ha affrontato il tema “Il datore di lavoro”, Carlo Cavedon presidente delle ACLI di Vicenza aps, ha illustrato “La voce delle Acli”. Interessante l’intervento dell’ing. Ivan Ganassin che ha portato una storia personale di scelte, a volte forse controcorrente, che oggi parlano della voglia dei giovani di pensare al mondo lavorativo in modo nuovo e diverso, con orari più flessibili, diversi modi di misurare il valore del lavoro, disponibilità, impegno nella comunità, pluriprofessionalità. Una visione diversa, un’organizzazione nuova, una capacità rinnovata di pensare alla vita e alla produttività. Un futuro tutto da pensare.

 

Nel periodo Covid ho cambiato lavoro due volte. Vengo da una famiglia tradizionale, ho il papà operaio che ha lavorato 45 anni nella stessa azienda, vicino a casa. Anch’io ho sempre guardato al mio futuro in questo modo. Mi sono laureato nel 2015 in ingegneria gestionale e ho iniziato a lavorare già nel 2014 nell’azienda dove ho fatto la tesi, in Climaveneta, vicino a casa. Grande azienda, multinazionale. Contratto a tempo indeterminato, tutto perfetto. Rimango cinque-sei anni, durante i quali cambio ufficio e mansione confrontandomi con persone diverse che hanno una formazione differente dalla mia. Succede che il tempo passa e si cresce, si matura. Inizio ad aver fame. Comincio a pensare che potrei spostarmi, ambire a qualche ruolo di responsabilità. Mi si accende la lampadina. Ad agosto 2020 mi sposo. Mi dedico alla famiglia e lascio la porta aperta ad altre possibilità. Arriva una proposta, adatta a me. Mando il curriculum e attendo. Mi chiamano tre giorni prima del matrimonio e mi propongono il lavoro. Ad ottobre decido di dare le dimissioni. Mi trasferisco a Castelfranco, Stiga SpA, quaranta minuti di strada in più, ruolo diverso. Il primo giorno torno a casa alle 21. Col tempo mi accorgo che anche fare 40 minuti di strada in più mi pesano. L’azienda, guidata da un menagement straniero (si parla inglese tutto il giorno), offre un ambiente molto stimolante, ma nel tempo non si realizzano le condizioni lavorative che mi aspettavo. Passa un anno e inizio a guardarmi intorno di nuovo. E’ una scelta sbagliata quella che ho fatto? Mi metto a cercare un nuovo lavoro, è il 2021. Penso di continuare nelle multinazionali, è la mia strada, quella che ho percorso fino a questo momento, invece la scelta alla fine è completamente diversa e oggi mi sta dando grandi soddisfazioni. Adesso lavoro in un’azienda di sette persone, a Rossano Veneto, vicino a casa. E sono felice. E’ una realtà che mi soddisfa dal punto di vista professionale e dal punto di vista personale. Godo di autonomia e tolleranza. A gennaio è nata la mia bimba e posso godermi la mia nuova vita con maggiore flessibilità, anche per lei. Ho pensato subito che nelle aziende in cui lavoravo prima la gestione di questa situazione sarebbe stata molto più difficile. Oggi posso dire con serenità ed entusiasmo che ho trovato e raggiunto un bell’equilibrio tra lavoro e vita personale”.

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