L’arte di donare: atto autentico di umanizzazione

di Elisabetta Nichele

 

Il Natale si avvicina e con esso la frenesia che ogni anno ci porta a pensare e a fare regali a parenti ed amici. Molti dubbi sorgono: forse i regali che abbiamo acquistato non sono adatti? Forse abbiamo dimenticato qualcuno? Forse stiamo facendo gli stessi regali dello scorso anno?

È sufficiente una breve riflessione su questi pensieri e sentimenti per capire che il dono si inserisce in una rete di obblighi, di forme di reciprocità, di preoccupazioni relative alla propria immagine e alle aspettative che gli altri hanno su di noi.

Oggi giorno l’uomo si è ormai abituato a comprare quasi tutto, mentre i suoi sogni e desideri sono ampiamente condizionati dalla pubblicità e dal sistema dei mass media.

Il dono riveste un ruolo marginale nella sua vita collocandosi in poche occasioni (compleanni, Natale, ricorrenze) rigidamente codificate e spesso automaticamente indotte. I beni sempre più accessibili e disponibili per ognuno di noi fa sì che, oggi, il tema del dono si riduca ad un costume sociale del tutto stereotipato, vincolato a standard di comportamento e di consumo che evitano, invece di approfondire, l’ascolto dell’altro da sé.

Sin dalle origini della civiltà umana il dono ha ricoperto una funzione sociale molto rilevante e ampiamente studiata da filosofi e antropologi, arrivando alla conclusione che il suo compito è quello di creare legami.

Come scrive Adorno, corrispondere un dono significa “pensare l’altro come soggetto”, riconoscere il proprio compiacimento e la propria realizzazione solo nell’appagamento di un’altra personalità.Dare con assoluta spontaneità, liberalità, disinteresse: questo è il significato della parola donare.

Ma spesso, riflettendo all’interno di una società caratterizzata da un forte individualismo, ci si chiede: esiste ancora l’arte di donare, oggi?

Nell’educazione, c’è attenzione al dono e all’azione del donare come atto autentico di umanizzazione? C’è la consapevolezza che l’atto di donare è in grado di far nascere relazioni umane?

È troppo semplice affermare che oggi non c’è più posto per il dono, ma che è sempre lo scambio utilitaristico a dominare le relazioni, che il dono simula gratuità ma è solo apparenza.

In realtà l’essere umano è capace ancora di donare perché è, grazie al rapporto con l’altro.

Donare è un’arte che è sempre stata difficile perché il vero donare implica il “donare se stessi”, non solo dare ciò che si ha, ciò che si possiede, ma ciò che si è e questo richiede una convinzione profonda nei confronti dell’altro.

È più facile per l’uomo dare, piuttosto che se stesso, altre cose a lui estranee; ma quello non è un dono. Si tratta di non sacrificare né gli altri, né qualcosa, ma di dedicarsi,

mettersi al servizio degli altri affermando la libertà, la giustizia, la vita piena.

Ma cosa significa donare se stessi?

Significa dare la propria presenza e il proprio tempo, impegnandoli nel servizio all’altro, chiunque sia,semplicemente perché è un uomo.

Ma il dono all’altro – tempo, parola, gesto, dedizione, cura, presenza – è possibile solo quando si decide di farsi vicino, il coinvolgersi nella sua vita, il voler intraprendere una relazione con lui.

Allora, ciò che era quasi impossibile e comunque faticoso, diviene quasi naturale perché c’è in noi la capacità

del bene: questa è risvegliata proprio dalla prossimità, dalla vicinanza.

L’atto del donare regala gioia al donatore perché è un’azione concreta che unisce il donatore al mondo, all’altro: è un atto vissuto come speranza.

Anche Gesù affermava: «C’è più gioia nel donare che nel ricevere». Ciò è molto significativo per comprendere l’importanza di questa azione.

L’accumulazione che non conosce la logica del dono, invece, accresce sempre più la dipendenza dalle cose materiali e separa l’uomo da se stesso e dagli altri.

Che tipo di dono rappresenta il tempo? Non dobbiamo dimenticare che uno dei principali doni che abbiamo ricevuto come uomini è il tempo proprio perché è evidente che far nascere qualcuno, come afferma R. Mancini, è l’atto di donazione del tempo. Ma anche dare ascolto, perdonare è donare tempo e più precisamente sono atti di amore che hanno sempre insita la qualità del donare o del rigenerare il tempo. Noi lo abbiamo ricevuto: amare significa ricomunicare agli altri, tra i numerosi doni, questo dono essenziale che è il tempo stesso.

Il tempo dunque non è certo un regalo materiale, ma è un dono di ospitalità. Non c’è evento od esperienza della nostra vita che non siano ospitati nel tempo. Spesso lo vediamo negativamente perché scorrendo veloce nella nostra vita sembra contemporaneamente portarcela via.

Esso non è dunque un nemico che ci toglie le cose, ma è colui che ci ospita, consentendoci di esistere. Pensarlo come un semplice contenitore, pur intrecciato con lo spazio, significa non sapervedere i doni che ci sono fatti. Donare tempo a qualcuno significa infatti dargli lo spazio dell’ospitalità e ciascuno di noi ne ha bisogno perché siamo tutti nella condizione di ospiti.

Nello stesso tempo dobbiamo anche imparare ad essere grati di questo dono ed è quando si è in grado di fare ciò che avviene il primo vero rinnovamento del nostro pensiero. Provare gratitudine ci dà la facoltà del riconoscimento del valore di ciò che esiste e di chi incontriamo. Il tempo è ospitalità che possiamo donare agli altri;

possiamo cioè amarli dando loro il tempo di esistere e di essere a loro volta grati dell’esistenza.

 

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