Caritas Rosatese

di Antonio Bonamin

 

La carità non è una condizione statica, una ripetizione di gesti consueti, ma un percorso che si trasforma nel tempo, si emancipa, si adegua e adatta ai tempi, alle situazioni che incontra. È questo uno dei messaggi che, come volontari Caritas, abbiamo ricevuto all’assemblea annuale programmata dalla Caritas diocesana nel mese di ottobre. Un’uscita in presenza, dopo tanto tempo di limitazioni dovute al Covid. Un’assemblea ricca e portatrice di tanti spunti utili per migliorare il servizio offerto nella nostra Unità Pastorale. Un incontro diviso in quattro aree, svolto in date diverse per motivi di limitazioni sugli assembramenti; alcuni si sono recati all’appuntamento di Schio, la maggior parte di noi a quello di San Pietro in Gù.

L’assemblea annuale serve ad aggiornarci, è l’occasione per rinvigorire lo spirito ed è un momento di formazione, dove l’impegno alla formazione è condizione necessaria per chi fa servizio attivo.

Nel centro parrocchiale di San Pietro in Gù, con la guida di don Enrico Pairin, responsabile diocesano, abbiamo approfondito i messaggi del Papa rivolti alla Caritas Italiana in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione e per la 5° Giornata Mondiale dei Poveri di novembre.

Le esortazioni papali ci invitano a seguire la via degli ultimi, del vangelo e dell’innovazione creativa, non come singoli individui ma come comunità cristiana attiva e che sia testimone di carità. “Persegui la giustizia – dice papa Francesco – fai carità se segui la strada della giustizia. È un dogma imprescindibile se la giustizia è quella dell’amore e del Vangelo”.

La via degli ultimi: “La carità è la misericordia che va in cerca dei più deboli, che si spinge fino alle frontiere più difficili per liberare le persone dalle schiavitù che le opprimono e renderle protagoniste della propria vita”.

Il significato profondo è quello di osservare il prossimo senza pregiudizi, approfondire la realtà di chi vive la povertà in qualsiasi forma si manifesti, più esistenziale che economica, per capirne le vere ragioni. E ancora “È con i loro occhi che occorre guardare la realtà, perché guardando con gli occhi dei poveri guardiamo la realtà in un modo differente da quello che viene nella nostra mentalità”. Non cercare di uniformare le persone al nostro standard, giudicare con il nostro metro di misura, ma guardare la realtà con i loro occhi e “… fermarci se la nostra coscienza non si inquieta alla vista dei poveri … qualcosa non funziona”.

La via del Vangelo: “È lo stile dell’amore umile, concreto ma non appariscente, che si propone ma non si impone. È lo stile dell’amore gratuito, che non cerca ricompense”. L’amore umile è quello che aiuta, che ci fa camminare a fianco della persona bisognosa per condividere gioie e dolori. Solo così si fa carità e si evita l’elemosina, gesto valido ma anonimo e che corre il rischio di umiliare chi la riceve. I poveri delle nostre parrocchie cercano condivisione e identità, non solo beni di consumo. Ci esorta papa Francesco: “Abbiamo bisogno di una carità dedicata allo sviluppo integrale della persona: una carità spirituale, materiale, intellettuale”.

La via della creatività: “La ricca esperienza di questi cinquant’anni non è un bagaglio di cose da ripetere; è la base su cui costruire per declinare in modo costante quella che San  Giovanni Paolo II ha chiamato fantasia della carità”. È questo il percorso che come Caritas Rosatese  vorremmo per la nostra Unità Pastorale. Essere creativi nel servizio con nuovi progetti rivolti alle famiglie e ai singoli, coinvolgendo persone di buona volontà da tutte le cinque parrocchie per formare altri operatori e volontari.

Quanto ci fanno riflettere queste parole del Papa! Sono condizioni che abbiamo sperimentato in questi primi anni di servizio. Non è vero che i poveri non ci sono, siamo noi che non li vediamo. Apriamoci e guardiamo con gli occhi dei poveri.

È stato bello incontrare nuovamente gli altri volontari, molti volti noti. Un esercito della carità fatto di 1190 operatori delle 108 Caritas vicentine. Un servizio distribuito principalmente nei centri di ascolto e accompagnamento, nei centri di distribuzione alimenti e nei servizi di sostegno scolastico. Sono stati 12.300 gli incontri con persone che hanno potuto beneficiarne nel 2020, come riportato nel bilancio sociale Caritas Vicentina. Pensate, la maggior parte di loro è rappresenta da famiglie con figli, le più emarginate per gli alti costi dei servizi ai minori. E quindi tanti alimenti, prodotti per l’igiene, aiuti per l’educazione primaria.

Tutti noi presenti all’assemblea con lo stesso spirito, tutti in cerca di conferma del proprio operato e interessati alle esperienze positive. Una nuova energia nasce dalla condivisione e infatti tanti racconti ripercorrono quanto fatto nella nostra comunità e tanti spunti sono utili per nuove idee.

La pandemia ha acuito le sofferenze, soprattutto dovute all’isolamento e alla perdita del lavoro da parte dei genitori. Gli accessi ai centri di sostegno sono aumentati del 30%, in particolare interessando famiglie con figli. Ma all’assemblea una nota positiva, riscontrata in molti interventi, è stata la rinnovata collaborazione con le istituzioni, utile, necessaria.

Anche nella nostra comunità si sta collaborando proficuamente grazie allo scambio di informazioni con i servizi sociali, nel rispetto dei diversi ruoli e delle dovute cautele di riservatezza.

Il supporto offerto si articola in servizi essenziali alla persona e alle famiglie. L’obiettivo è di accompagnare le persone e le famiglie verso l’autonomia di una vita dignitosa, un accompagnamento che ha sempre risvolti psicologici, di vicinanza, di ascolto paziente e dialogo continuo. A partire dai bisogni primari, come gli alimenti distribuiti settimanalmente, servizi medici, spese di vario genere per la casa, molte volte sono le bollette o gli affitti. Supporto legale, come aiuto nelle pratiche amministrative o nella ricerca di un alloggio. Molta attenzione è rivolta ai minori e alle famiglie con minori. Se non ci sono risorse, sono sempre i minori che patiscono maggiormente, discriminati nell’educazione e nelle altre attività quotidiane.

La nostra realtà, tramite la collaborazione con un’associazione rosatese, è in rete educativa con altre 24 parrocchie. Utile per lo scambio di metodi e di testi adatti. Il servizio si rivolge anche agli stranieri per un supporto nella difficoltà linguistica, dal momento che la conoscenza della lingua italiana è necessaria all’integrazione nel tessuto sociale degli adulti e dei minori.

Si apre davanti a noi un tempo nuovo, situazioni familiari compromesse dalla pandemia, persone che hanno nuove necessità, alcune stremate dall’indigenza ma che, per orgoglio, non si manifestano. È a queste che rivolgiamo lo sguardo, agli anziani senza una rete sociale di supporto. Cercheremo di incontrarli con discrezione anche uscendo nel territorio, trovandoli a casa, dialogando con loro e portando un po’ di calore. Cercheremo di essere missionari nella carità. È un obiettivo prioritario delle Caritas parrocchiali, non essere proprietari del servizio ma farne una pratica diffusa, gli uni con gli altri. A volte è il vicino di casa a cui serve un aiuto, a volte anche solo uno sguardo benevolo, una parola di conforto, una indicazione utile per restituire dignità alle persone.

 

Caritas Rosatese

Unità Pastorale Rosà, Cusinati, San Pietro, Sant’Anna, Travettore.

Tel.: +39 371 1816378

email: caritasrosatese@gmail.com

La condivisione genera fratellanza

Il 14 novembre si è tenuta la Quinta giornata Mondiale dei Poveri, evento voluto da Papa Francesco perché in tutto il mondo le comunità cristiane diventino sempre più e meglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi.

Forte è l’appello lanciato ai cristiani e ai governi di tutto il mondo a intervenire con urgenza e in modo nuovo perché i poveri, anche a causa della pandemia, “sono aumentati a dismisura”. Occorre cambiare stili di vita, perché è l’egoismo che provoca la povertà. Alcuni Paesi stanno subendo per la pandemia gravissime conseguenze, così che le persone più vulnerabili si trovano prive dei beni di prima necessità. Le lunghe file davanti alle mense per i poveri sono il segno tangibile di questo peggioramento”.

“I poveri non sono persone ‘esterne’ alla comunità, ma fratelli e sorelle con cui condividere la sofferenza, per alleviare il loro disagio… D’altronde, si sa che un gesto di beneficenza presuppone un benefattore e un beneficato, mentre la condivisione genera fratellanza. L’elemosina è occasionale; la condivisione invece è duratura. L’elemosina rischia di gratificare chi la compie e di umiliare chi la riceve; la condivisione invece rafforza la solidarietà e pone le premesse necessarie per raggiungere la giustizia.”

L’invito è a “non perdere mai di vista l’opportunità che viene offerta per fare del bene”. Non si tratta però “di alleggerire la nostra coscienza facendo qualche elemosina, ma piuttosto di contrastare la cultura dell’indifferenza e dell’ingiustizia con cui ci si pone nei confronti dei poveri”.

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