Condividere, testimoniare, servire. Il saluto della comunità

 

A cura di Alfio per la Comunità di Rosà

“Allora i Giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre Loro.”

Questo è un passo del Vangelo di Matteo di questa triste settimana.

 

Oggi siamo qui in molti dell’Unità Pastorale di Rosà e ci sentiamo particolarmente vicini ad Alberta e ai suoi cari, alla Chiesa vicentina e a voi tutti dell’Unità Pastorale di Agugliaro-Noventa-Saline. Con affetto partecipiamo al grave lutto che vi ha colpito, che ha colpito la vostra Comunità e condividiamo il dolore che ci accomuna per la perdita di don Giorgio.

 

Don Giorgio si è dedicato alla cura della nostra Comunità di Rosà, per un pezzo anche della parrocchia di Travettore, e poi in Unità Pastorale con Cusinati, per 13 anni, dal 2002 al 2015.

  

Per ricordare don Giorgio, non si può partire che dalla Parola, lui che di parole ne usava poche ed essenziali e che amava interloquire soprattutto con i più piccoli con suoni fatti da una varietà di monosillabi e con le sue dirompenti esclamazioni.                                                                                        La Parola meditata, potremmo dire masticata con i denti della filosofia e della teologia, dell’arte e dell’antropologia, attraverso i sentieri della Bibbia in cui lui ci accompagnava come guida esperta: nelle essenziali ma significative omelie domenicali, nelle Lectio del martedì, dove ci spronava a darci risposte, alimentando i nostri dubbi con ulteriori domande; così  come nei suoi imperdibili insegnamenti dei numerosi campi scuola e dei filò, nella catechesi biblico-simbolica per adulti e ragazzi, ed ancora nelle adunanze settimanali per le donne dell’Azione Cattolica e nelle conferenze all’Università de La Rosa.

La Parola utilizzata nella vita di tutti i giorni, senza il vanto dell’intellettuale quale era, ma spezzata con umiltà nella quotidianità delle relazioni, vero fondamento della sua vita e della sua missione. La Parola punto di vedetta da dove scorgere ed illuminare la realtà con una luce speciale, diversa, mai scontata, sempre nuova e rivelatrice dell’Amicizia Divina a servizio della Vita, delle Persone, della sua Gente.

 

Don Giorgio, amava incontrare il suo Dio, il Dio Biblico, il Dio rivelato dai Padri della Chiesa, nella mensa allo spezzar del pane, ma siamo sicuri che lo cercasse anche nelle sue camminate solitarie e nelle pedalate in montagna raggiungendolo in bici. Lo scorgeva negli spazi aperti dei campi- scuola, con il grembiule nel servizio ai tavoli alla sagra e alle feste dei Quartieri, negli incontri settimanali del giovedì e della domenica con anziani e malati, nelle visite e nelle benedizioni delle case, in Oratorio con i tosi del Circolo Noi, alla Scuola Materna con i bimbi, negli eventi gioiosi e tristi che il vivere ci riserva, nel lavoro, nei crocicchi polverosi della vita.

 

Quanto lo appassionava ritrovare il concreto significato delle Sacre Scritture nell’Arte e in autori capaci di essere aderenti alla cruda realtà del vivere, come per esempio il Caravaggio, di cui apprezzava quel realismo che rifiuta le convenzioni e punta al vero, illuminato dalla presenza della Luce come apparizione simbolica della Verità Divina; o l’opera del Bassano, Jacopo da Ponte, del quale ci ha regalato numerose riproduzioni affisse in sala del Giubileo, di cui gustava l’arte biblico-pastorale, dove le storie tratte dall’ Antico e Nuovo Testamento sono ambientate nella vita reale delle nostre campagne. Questo era anche il suo approccio alla vita, alla sua missione di prete e di pastore.

 

 

Don Giorgio, era avanti, “Ve vanti”, era l’incitamento ben ricordato dagli Amici del Teatro Montegrappa, ma lui era sempre avanti, sempre innovativo in campo digitale e tecnologico, era un precursore dei tempi; esploratore convinto nelle nuove possibilità nel mondo dell’economia, della scienza, delle politiche sociali; curioso, informato ed attento lettore degli eventi del nostro tempo, il suo desiderio di conoscere era corroborato dalle letture di ogni tipo, economiche, scientifiche, politiche, sociali.

 

La sua concretezza l’abbiamo sperimentata anche nel suo essere ottimo amministratore, era fortemente interessato all’oikonomia, all’economia della propria casa, della propria Comunità, che ha sempre gestito con la coscienza del buon padre di famiglia, alla ricerca e alla caccia di ogni bando sulla rete o per uffici, per rinnovare le strutture della nostra Comunità, efficientandole e rendendole funzionali, belle ed accoglienti.

Con vision lungimirante, ha promosso:

  • La riqualificazione della Sala del Giubileo e dell’Annunciazione e gli uffici del Teatro Montegrappa
  • Il rinnovo del campo dell’Oratorio e degli Spogliatoi dedicati a Simone Dal Passo
  • La Ristrutturazione della Scuola dell’Infanzia Gesù Fanciullo, e l’apertura del nuovo Nido Integrato, investendo fortemente nella formazione delle Insegnanti e del personale.
  • Il restauro del Duomo riportato all’antica originalità, impreziosito del dono di una recuperata Via Crucis.
  • Il restauro di un’opera preziosissima, quanto dimenticata, quale il Cero Pasquale del Da Ponte.
  • Il restauro delle tele del Da Ponte.
  • La dotazione dei pannelli solari sulle strutture parrocchiali
  • La concessione alla comunità civile di parte del terreno della canonica per rendere la nostra piazza più accogliente e vivibile.

Generosità che fa capire quale fosse la sua attenzione alla cosa pubblica, tanto da meritare la cittadinanza onoraria di Rosà.

  • L’uso di una parte della canonica di Cusinati per realizzare la sede degli Alpini, e non certo, solo per essere memore della sua appartenenza alle penne nere.

 

Don Giorgio non era un uomo scontato, dietro la sua scorza apparentemente dura, si nascondeva una sorgente di acqua pura, fresca e generativa. Leale con tutti, fedele alla sua Chiesa, facendo dell’obbedienza esercizio di sincera umiltà. Per descriverlo in modo compiuto facciamo nostre le parole che lui stesso ha usato in una omelia di una Prima Comunione, raccontando ai ragazzi che Gesù è come il Chupa-Chups, per gustarlo bisogna scartarlo. Così era anche don Giorgio, lo si gustava una volta scartato.

 

I più affezionati al don erano i giovani, i ragazzi e i bambini. Quando era con loro si scioglieva letteralmente, ed era usuale vederlo sbracciarsi in lotte fisiche con due o tre di loro arrampicati su di lui, come ci si inerpica sugli alberi secolari che infondono la gioia della vita e ti trasmettono la sicurezza di librarti nell’aria.

 

La sua vita non è stata certamente lunga, ma siamo qui oggi per testimoniare che è stata larga quanto le numerose relazioni significative che ha intessuto. Nei social in questi giorni sono senza fine le testimonianze di episodi, di incontri che ci dicono che la sua vita è stata anche profonda, fondata nella Relazione con la R maiuscola che sorregge tutte le altre.

 

Lunedì all’annuncio della sua dipartita queste sono le parole che riportavano le letture del giorno, tratte dalla seconda lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi:

“Fratelli, noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo.”

Qui abbiamo di fronte a noi un grande tesoro, un grande tesoro, e cosa sono quelle assi di legno se non un vaso di creta!                                                                                                                  

Questa morte ci chiede come Cristiani di interrogarci e ci chiede come primo impegno di non lasciare questi tesori da soli, di non lasciare sole queste persone che dedicano la loro vita intera largamente e profondamente a noi. E come secondo proposito ci sollecita ad avere il coraggio, di chiedere alla nostra chiesa che questi talenti, non vengano confinati, ma siano valorizzati a dovere per il bene di tutti.  

Mai come oggi sentiamo che le pagine della nostra vita e della storia delle nostre comunità sono state scritte da persone come don Giorgio, nelle pieghe dei loro pensieri, nell’agire delle loro mani e nell’invisibile silenzio dei loro cuori. Questi uomini e queste donne sono i nostri monumenti, i veri monumenti, e ai loro piedi porgiamo i fiori della nostra eterna riconoscenza per ricordarci quanto è bello e quanto è buono servire la città di Dio, con tutta la sua umanità.

 

“Allora i Giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre Loro”. E l’Evangelista Matteo aggiunge inoltre: “[…] chi ha orecchi ascolti.”

Grazie don Giorgio, tesoro per tutti.

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